Tutte le ricostruzioni dei retroscenisti informati sono concordi nel descrivere molto tesi i rapporti tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Non soltanto perché il leghista sta cercando un improbabile sorpasso a destra per racimolare qualche voto in più in vista delle europee. Il problema sta negli scenari che stanno circolando nei corridoi di Palazzo Madama e Montecitorio: governo tecnico, robusto (e imposto) rimpasto dell’esecutivo. Il premier e leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni non vede subordinate: in caso di crisi si va alle urne. Con FdI che nei sondaggi stacca di almeno 20 punti percentuali il Carroccio.
Il Capitano la prende alla larga, non risponde, si limita a sollecitare (quando gli alleati non lo sentono) il cambio di alcuni ministri (Matteo Piantedosi e Daniela Santanché su tutti) e fa capire che tutto vorrebbe meno che il ricorso anticipato alle urne. Una situazione che rischia di pesare ad ogni livello: dal nazionale al locale.
FROSINONE: POCO SPAZIO PER I FURBETTI DELLO SFASCIO
Da noi, al momento, sono due le situazioni più delicate nel centrodestra: Alatri e Cassino. In entrambi i casi Arianna Meloni e Massimo Ruspandini hanno affidato a Fabio Tagliaferri una “mission impossible” tipo i film di Tom Cruise (dove alla fine la missione viene compiuta). Sono situazioni emblematiche. La coalizione di centrodestra ha vinto (bene) e governa Frosinone, Alatri, Anagni, Ceccano, Pontecorvo e tanti altri Comuni. Perché a Cassino dovrebbe rinunciare a competere in partenza? I rapporti con gli alleati in questi ultimi due anni non sono stati idilliaci ma ci sono gli spazi per recuperare. Il problema sta nella effettiva volontà di archiviare un modello e un sistema di coalizione. Il baricentro si è spostato a destra e in Paesi occidentali dalla democrazia avanzata, tipo gli Usa, la destra avanza e guarda a Trump. Che non è un pericoloso sovversivo, ma semplicemente un politico che ha una visione di società diversa rispetto a Biden.
In Ciociaria nel centrodestra non c’è più da anni la leadership di Forza Italia, improntata spesso alla sopravvivenza di una cultura post-democristiana. Le “ammucchiate” indistinte non vanno da nessuna parte, le intese trasversali che hanno caratterizzato la storia politica di questa provincia non ci sono più.
Resiste l’esperienza Di Stefano a Sora e in provincia. Ma solo in virtù di un percorso di dialogo e collaborazione costruttiva con Fratelli d’Italia.
E dopo il chiarissimo risultato del tesseramento nel partito di Giorgia Meloni appare evidente che molti tentativi di insubordinazione (politica, programmatica e amministrativa) verranno combattuti. Fino all’emarginazione e all’espulsione dal partito.
Di tutto ha bisogno Fratelli d’Italia meno che di solisti che intendono “ballare da soli”, a dispetto delle gerarchie, in questo delicato momento della vita del nostro paese.
A Cassino il centrodestra può vincere con liste forti, con un candidato sindaco autorevole e condiviso, con uno spirito di coalizione riconoscibile. Come è successo alle politiche in Italia e alle regionali nel Lazio. Ma pure in Comuni come Frosinone, Ceccano, Anagni. Ma pure Alatri, dove evidentemente qualcuno si è messo in testa che Fratelli d’Italia deve rimanere ai margini. Impossibile considerando i voti, le preferenze e la leadership della coalizione.
Fabio Tagliaferri ha carta bianca da parte dei vertici di Fratelli d’Italia e le sue relazioni su quanto succederà a Cassino e ad Alatri saranno indicative per capire dove va il centrodestra nel Lazio. Perché finiranno sui tavoli dei leader provinciali e regionali.
Il centrosinistra non ha i numeri per mettere in difficoltà il centrodestra: non li ha in Parlamento, non li ha alla Regione Lazio, non li ha a Frosinone, Ceccano, Anagni e via di questo passo. Dunque, l’unica possibilità sarà rappresentata dall’incrinare i rapporti all’interno: agitando lo spauracchio del Governo tecnico, cercando di mettere FdI fuori gioco nei Comuni, remando contro in contesti come Cassino. A chi giova? Il trend di tutte le rilevazioni statistiche sul consenso è chiaro: dei cinque principali partiti cresce soltanto Fratelli d’Italia. Non il Pd, il Movimento Cinque Stelle, la Lega e Forza Italia. Giorgia Meloni non ha paura del voto anticipato a nessun livello. Anzi, lo auspicherebbe nel caso di tentativi di destabilizzare il quadro che hanno “dipinto” gli italiani con il loro voto libero e democratico. Vale anche per le comunali: da Cassino a Veroli non c’è spazio nel centrodestra per i furbetti. Di ieri e di oggi.