Per tanti è stato il più grande pugile della storia. Per certo non aveva l’eleganza di Mohammed Ali, né l’imponenza di Primo Carnera.
Rocco Marchegiano, statunitense, figlio di emigrati italiani, passò alla storia della boxe con il nome di Rocky Marciano, americanizzato perché fosse più spendibile per il pubblico d’oltreoceano.
Il papà, Pierino Marchegiano, detto Quirino, aveva lasciato il suo paese d’origine, Ripa Teatina, ai primi anni del secolo. Con lui, a scoprire l’America, la consorte, Pasqualina Picciuto, proveniente da San Bartolomeo in Galdo, paesino in provincia di Benevento.
A dimostrazione che la vita spesso fa un po’ di fatica ad individuare ed indicare i percorsi, il piccolo Rocco, nato il primo settembre del 1923, contrasse in tenera età una polmonite, che mise a rischio la sua vita e quella che sarebbe diventata la sua leggenda.
Arrivò alla boxe in età piuttosto avanzata, a 24 anni, e da dilettante non sembrava possedesse le armi per eccellere, perché tatticamente acerbo e confusionario, al punto da subire una squalifica nel primo match.
Al primo incontro da professionista però, opposto a Lee Epperson, mise in evidenza la devastante potenza del suo destro, vincendo per ko.
Fu il primo incontro da pro e l’ultimo con il nome di Rocco Marchegiano.
Divenuto Rocky Marciano, collezionò 17 vittorie per ko, battendo tra gli altri due pugili molto quotati, come Harry Bilazarian e un altro italo americano, Carmine Vingo, col quale diede vita a un match così cruento da costringere entrambi a un lungo ricovero in ospedale. E per il malcapitato avversario non fu più possibile riprendere l’attività della noble art.
IL TITOLO MONDIALE
La fama di Marciano toccò però il proprio apice quando il bombardiere di Brockton battè Joe Louis, al Madison Square Garden di New York. Era il 26 ottobre 1951 e Rocky, dopo averlo sconfitto per ko, espresse tutta la propria stima al grande pugile statunitense. Nacque così una grande amicizia, e quando Joe Louis cadde in disgrazia, Rocco lo aiutò in tutti i modi, palesando quella generosità che ne accompagnò il percorso umano.
Il 23 settembre del 1952, il ventinovenne Marciano divenne campione del mondo battendo Jersey Joe Walcott.
Fu un incontro combattuto e drammatico, con Marciano che finì anche al tappeto. Alla tredicesima ripresa però l’italo americano risolse il rebus a modo suo: prima un diretto, poi un terribile gancio destro gli valsero la corona mondiale.
Rocky difese ben sei volte il suo titolo di campione del mondo dei pesi massimi e a cadere sotto i suoi colpi terribilmente potenti furono anche il terribile “picchiatore” Roland La Starza e il grande Archie Moore, considerato uno dei pugili più forti di ogni epoca.
Rocky Marciano si ritirò imbattuto: 49 vittorie su 49 incontri.
Il suo record fu battuto solo nel 2017 da Floyd Mayweather, che raggiunse la sua cinquantesima vittoria su 50 contro McGregor.
Rocky Marciano, conclusa la folgorante carriera, volle visitare la città d’origine del babbo, Ripa Teatina, e sarebbe tornato ancora nella sua Italia se un destino crudele non lo avesse strappato alla vita il giorno prima del suo 46esimo compleanno. Mentre volava sul suo Cessna privato, le condizioni climatiche terribili tradirono il suo pilota e posero fine all’esistenza di uno dei pugili più forti della storia.
A Ripa Teatina c’è una statua che ricorda “il bombardiere di Brockton” e ogni anno c’è un premio che porta il suo nome, assegnato a un giovane sportivo abruzzese che si sia distino nello sport.
Oggi Rocco Marchegiano, pugile che non conobbe la sconfitta, compie cento anni nel cielo degli eroi.