Un convegno sulle prime riforme della giustizia del governo Meloni. “Le riforme liberali per una giustizia più giusta”: l’iniziativa è di Fratelli d’Italia, che vedrà tra i protagonisti l’Avvocato Giovanni Lauretti, presidente dell’ordine degli avvocati di Latina e il sindaco del capoluogo Matilde Celentano. Numerosi gli interventi previsti alle 17.30 al Circolo cittadino, sia di carattere politico che tecnico. A introdurre i lavori sarà il Senatore Nicola Calandrini, presidente della V Commissione Bilancio e coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia Latina; seguiranno gli interventi del Senatore Alberto Balboni (presidente Commissione Affari Costituzionali) dell’Onorevole Chiara Colosimo (presidente Commissione Parlamentare Antimafia) del Sen. Lucio Malan (presidente gruppo FdI) della dottoressa Caterina Chiaravallotti (presidente del Tribunale di Latina) del dottor Giuseppe De Falco (Procuratore della Repubblica di Latina) e dell’avvocato Antonino Galletti (consigliere del Consiglio Nazionale Forense).
Un portavoce della Commissione Ue in merito al ddl Nordio ha preannunciato di fatto un prossimo giudizio sulla riforma: “Continueremo a seguire gli sviluppi”, aggiunge l’esecutivo europeo. “Siamo a conoscenza del disegno di legge italiano, presentato dal Consiglio dei ministri il 15 giugno 2023, che propone alcune modifiche alle disposizioni che regolano i reati contro la pubblica amministrazione. Come spiegato nel Rapporto sullo Stato di diritto 2023, queste modifiche proposte depenalizzerebbero importanti forme di corruzione e potrebbero avere un impatto sull’efficace individuazione e lotta alla corruzione”.
L’INVITO DI CALANDRINI
“Dopo anni di strisciante guerra civile sul terreno della giustizia – sottolinea il Senatore Nicola Calandrini – siamo orgogliosi di aver varato un primo pacchetto di riforme che restituiscono garanzie ai cittadini senza deprivare la magistratura di strumenti di indagine. Dalla riforma delle intercettazioni, che mira a impedire la pubblicazione di prove di nessuna rilevanza penale e volte solo alla gogna mediatica, alla rimodulazione del reato di traffico di influenze, dall’interrogatorio di garanzia prima dell‘arresto, all’abolizione del reato di abuso di ufficio, si delinea una riforma liberale che restituisce diritti e dignità ai cittadini. Una riforma attesa, una riforma realizzata”.
LA RIFORMA IN DETTAGLIO
La cosiddetta riforma della giustizia prevede tra le altre cose la cancellazione dell’abuso d’ufficio, il traffico d’influenze ridotto ai minimi termini, i limiti alla pubblicazione delle intercettazioni (e alla possibilità di citare negli atti), l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento per una serie di reati. E soprattutto un depotenziamento delle misure cautelari a tutto vantaggio dei colletti bianchi: per arrestare i corrotti bisognerà avvertirli cinque giorni prima. Tutte norme di civiltà giuridica che farebbero finalmente compiere un salto di qualità al nostro Paese e contribuirebbero a ridimensionare quel “partito giustizialista” che ha per decenni frenato la crescita del Paese alimentando la cultura del sospetto e la prolungata sospensione dei diritti fondamentali di migliaia di pubblici amministratori solo indagati ma trattati come già colpevoli nel dibattito pubblico e sui giornali.
La cancellazione del reato di abuso d’ufficio (art.323 codice penale) solleverà sindaci e amministratori locali dal terrore di mettere una firma su un atto amministrativo e quindi accelererà la realizzazione di opere pubbliche, con innegabili benefici sul piano sociale ed economico. L’attenuazione del reato di traffico d’influenze solleverà la nostra democrazia dall’imbarazzo di dover considerare scorretti e fuori legge tutti quei professionisti (che in altri Stati vengono chiamati senza disprezzo lobbisti) impegnati a perorare in piena regola e trasparenza le ragioni di chi produce, crea lavoro, garantisce benessere alla collettività, in altre parole imprese, associazioni, comunità intermedie. Infine, sul versante intercettazioni, il ddl Nordio amplia il divieto di pubblicazione del loro contenuto, che vengono consentite solo se il contenuto è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o è utilizzato nel corso del dibattimento. Si stabilisce il divieto di rilascio di copia delle intercettazioni delle quali è vietata la pubblicazione, quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori, salvo che tale richiesta sia motivata dalla esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato.
La riforma inoltre afferma il divieto per la polizia giudiziaria di riportare nei verbali di intercettazione i “dati relativi a soggetti diversi dalle parti, salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini” e vieta al giudice di acquisire (nel cosiddetto stralcio) le registrazioni e i verbali di intercettazione che riguardino soggetti diversi dalle parti, sempre che non ne sia dimostrata la rilevanza. In più stabilisce il divieto per il pubblico ministero di indicare nella richiesta di misura cautelare, con riguardo alle conversazioni intercettate, i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione. In modo corrispondente, vieta al giudice di indicare tali dati nell’ordinanza di misura cautelare. In un Paese “normale” tutti questi provvedimenti contenuti nel disegno di legge Nordio si danno per scontati, mentre in un Paese come l’Italia, caratterizzato da un potere soverchiante dei giudici e da una parte consistente del mondo dell’informazione particolarmente sensibile alle sirene delle Procure, si tratta di traguardi ancora da raggiungere. La speranza è che finalmente sia la volta buona.