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Sindaci ai margini. Il vicolo cieco di Enzo Salera. Di Stefano all’angolo

Licandro Licantropo
Enzo Salera continua a faticare moltissimo per ritagliarsi un ruolo politico nel Pd. Puntava alla presidenza della Provincia, ma una norma lo ha tagliato fuori. Adesso la priorità è quella di ottenere una candidatura del cassinate per le regionali.
Ottobre 31, 2022
Enzo Salera, sindaco di Cassino

Sulla carta nel Pd sarebbe lui il sindaco più alto in grado, visto che guida la seconda città della provincia, Cassino. In pratica però Enzo Salera continua a faticare moltissimo per ritagliarsi un ruolo politico di peso nel partito. Ciclicamente ripropone il solito slogan: “il cassinate deve contare di più”. Già, ma come?

TENTATIVI A VUOTO

Alle politiche ha ottenuto la candidatura di Sergio Messore, sindaco di Sant’Ambrogio sul Garigliano, nel collegio uninominale del Senato. Ben sapendo che nulla avrebbe potuto contro un “gigante” del calibro di Claudio Fazzone, senatore e leader regionale di Forza Italia.

Ma il Pd cassinate si è messo pesantemente di traverso sulla eventuale indicazione di Francesco De Angelis nel proporzionale. Prima della diffusione del video di Ruberti. La divisione della federazione del partito ha convinto il segretario regionale Bruno Astorre a fare altre scelte. Impossibile pensare che un episodio del genere non abbia generato malumore nella componente di Pensare Democratico.

Enzo Salera puntava alla presidenza della Provincia, ma una norma cervellotica (i 18 mesi di mandato che un sindaco deve avere davanti per candidarsi) ha tagliato fuori lui e molti altri. Di conseguenza ha cercato un riposizionamento e adesso la priorità è quella di ottenere una candidatura del cassinate per le regionali. Per fare cosa però? Nella lista ci saranno Sara Battisti, Mauro Buschini e Antonio Pompeo. Impossibile per chiunque inserirsi in una posizione eleggibile. Certamente gli assetti nei Democrat sono sbilanciati a favore dell’area nord della provincia, ma se Cassino vuole provare a riequilibrarli deve fare molto di più. Enzo Salera è stato eletto sindaco in posizione “autonoma” rispetto alla componente di De Angelis, Buschini e Battisti. Sembrava più vicino ad Antonio Pompeo, ma poi non è stato così nei fatti. Inoltre da tempo si è rotto l’asse con la presidente del consiglio comunale di Cassino Barbara Di Rollo, vicinissima oggi a Sara Battisti. Per cercare di avere un ruolo forte nel Pd provinciale Enzo Salera avrebbe dovuto aggregare perlomeno l’intero cassinate. Questo non è avvenuto e non avviene. Le elezioni politiche sono passate, alle regionali e alle provinciali non ci sono possibilità: la realtà dei fatti è questa per il sindaco di Cassino.

QUADRINI E DI STEFANO

Il sindaco di Isola del Liri Massimiliano Quadrini nei mesi scorsi ha sbattuto la porta in faccia al Pd passando ad Azione. E’ stata la scelta giusta? Neppure Quadrini (sempre per la storia dei 18 mesi di mandato) può concorrere per la presidenza della Provincia. Potrebbe provare alle regionali, ma è difficile pensare che il partito di Carlo Calenda possa raggiungere il quorum necessario per far scattare un seggio. Anche se dovesse essere riproposto l’esperimento del Terzo Polo. C’è poi una questione di linea politica di Azione che non è esattamente chiarissima. A livello regionale Calenda lancia un ultimatum al giorno al Pd, poi però si rammarica se non viene tenuto in considerazione in vista delle regionali. E contemporaneamente rinnova il sostegno preventivo ad una eventuale candidatura alla presidenza di Alessio D’Amato.

Massimiliano Quadrini immaginava ben altri scenari quando ha aderito ad Azione. Probabilmente non è neppure l’unico. Alcune “voci” fanno riferimento a dei recenti contatti con il sindaco di Sora Luca Di Stefano, in predicato di potersela giocare per la candidatura alla presidenza della Provincia. Nel centrosinistra naturalmente. Dal Partito Democratico (che dovrebbe appoggiarlo) però non sono arrivate conferme. Il Pd in realtà non ha alcun interesse politico a sostenere Di Stefano alla Provincia: non è un suo esponente, ha un passato nel centrodestra (Lega) e in un sistema costruito sul voto ponderato degli amministratori rischierebbe di essere “impallinato”. Un patto di ferro tra Luca Di Stefano e Massimiliano Quadrini non riuscirebbe a spostare equilibri in grado di condizionare il quadro provinciale.

LEODORI, D’AMATO E… BETTINI

Il sondaggio del quotidiano La Repubblica ha fornito un’indicazione molto chiara: Daniele Leodori e Alessio D’Amato sono le due personalità politiche che potrebbero giocarsi la candidatura alla presidenza della Regione nel centrosinistra. Tutti gli altri hanno accumulato un ritardo enorme. In un partito normale se ne prenderebbe atto, si organizzerebbero le primarie e si cercherebbe di mobilitare la base invece di inseguire un Campo largo sprofondato ormai da tempo. Non nel Pd però e soprattutto non a Roma e nel Lazio. Il passo di lato di Leodori (che ha chiarito che la sua disponibilità può venire meno se tramonta l’orizzonte del Campo largo) è stato probabilmente dettato dalla necessità di smarcarsi prima delle solite manovre di Goffredo Bettini. Il quale confida di recuperare il rapporto con i Cinque Stelle di Giuseppe Conte. Ma soprattutto confida di poter riproporre il nome di Enrico Gasbarra. Per quali oscuri motivi una parte del Pd romano continua a giocare a perdere non è dato sapere. Quante strategie vincenti ha imbroccato Bettini negli ultimi anni? Non quella di Nicola Zingaretti segretario. Non quella di un sostegno incondizionato a Giuseppe Conte, individuato come leader dei progressisti alla stregua di Romano Prodi. Dunque, perché continuare a seguire le sue indicazioni?

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