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Perché per il Pd non è un buon affare incoronare Luca Di Stefano presidente della Provincia

Massimo Pizzuti
I dubbi che serpeggiano in area dem sulla candidatura di Luca Di Stefano aumentano giorno dopo giorno. Improvvisamente le condizioni che avevano favorito l’escalation del sindaco di Sora sono cambiate. La debolezza e le tante incertezze del Pd non autorizzano scelte azzardate. Che in futuro potrebbero rivelarsi letali per gran parte della classe dirigente di oggi.
Ottobre 27, 2022
Luca Di Stefano, sindaco di Sora

Si fa un gran parlare della candidatura alla successione di Antonio Pompeo del giovane primo cittadino di Sora.

Tutti sanno che la sua vittoria nella città sul Liri è stata favorita (tra l’altro) dall’accordo con la componente del Pd di Francesco De Angelis.

Ora il centrosinistra, a corto di candidati e di idee per la prossima elezione del presidente potrebbe puntare proprio sul figlio di Enzo Di Stefano. Il quale, di punto in bianco, in caso di vittoria, diventerebbe l’uomo forte dei progressisti in provincia di Frosinone. Uno dei pochi in grado di poter reclamare tra cinque anni il salto di qualità: in Parlamento o alla Regione.

Ecco perché l’idea, di per se affascinante, di promuovere Presidente della Provincia il giovane rampollo e figlio d’arte comincia a scricchiolare sotto il peso di molti dubbi e di approfondite riflessioni. 

“Lo voglio proprio vedere un’amministratore legato a Buschini che mette la scheda nell’urna per un concorrente così rampante e pericoloso” è il commento di un vecchio addetto ai lavori Dem che conosce bene i ragionamenti e le consuetudini della casa.

“Meglio perdere e rigenerarsi piuttosto che consegnare le chiavi del partito a uno che fino a pochi mesi prima delle elezioni tifava Salvini e che è figlio di un consigliere regionale eletto nel centrodestra” chiosa con una risata che è, insieme, un misto di ironia e amarezza.

Ma il ragionamento che si fa largo tra chi sa come funzionano e che sviluppo hanno certe “invenzioni” senza patenti e senza colori è anche un altro. Luca Di Stefano a Palazzo Jacobucci inaugurerebbe un modello “Di Stefano” lontano anni luce dalla liturgie che nel bene e nel male hanno sempre contraddistinto le amministrazioni targate Pd. Funzionale, come forse è anche normale, alla sua carriera, al suo immancabile “cerchio magico” e alle (tante) legittime aspettative della quarta città della provincia. 

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