Claudio Durigon sa che Nicola Zingaretti si dimetterà da presidente della Regione soltanto quando sarà più chiaro se l’alleanza tra Pd e Cinque Stelle potrà continuare nel Lazio. Ma vuole comunque far sentire fortissima la pressione politica. Perciò nelle scorse ore ha detto che “è come minimo imbarazzante che Nicola Zingaretti parli oggi di La Russa e Fontana e che rilanci ancora una volta quell’alleanza di cui è stato promotore: gli è costato il ruolo di segretario di partito ed è rimasta in piedi con lo scotch praticamente solo nel Lazio, dove amministra con lo stesso Movimento Cinque Stelle che ha aperto una crisi di governo su un termovalorizzatore chiesto da un sindaco esponente del suo partito”. Poi il senatore e coordinatore regionale della Lega ha rincarato la dose. Affermando: “Gli accrocchi per tentare di governare hanno stancato i cittadini: la stagione della lottizzazione delle poltrone, di chi governa senza vincere una elezione, degli accordicchi, dei soldi buttati per mascherine mai arrivate, delle tasse più alte d’Italia sta per finire. Faccia un favore a tutti, non aspetti oltre e rimetta immediatamente il mandato, restituisca la parola ai cittadini del Lazio, e sottoponga dieci anni di nulla al giudizio degli elettori. Siamo stanchi di questa agonia”.
L’ATTACCO AL CUORE DEL PD
Claudio Durigon ha sferrato un attacco politico al cuore del Partito Democratico. Il Lazio ha rappresentato l’architrave di quella Piazza Grande che Nicola Zingaretti aveva immaginato come segretario del Pd, anticipando il Campo largo di Enrico Letta. Con l’accordo con i Cinque Stelle ma anche con una maggioranza nella quale si sono riconosciuti sia Matteo Renzi che Carlo Calenda. Tutto questo adesso però è andato in frantumi. Il coordinatore della Lega si rende conto (meglio di chiunque altro nel centrodestra) che non bisogna dare al Pd il tempo di riorganizzarsi. Difficile al momento immaginare un’alleanza dei Dem con i Cinque Stelle e con Calenda contemporaneamente. Il centrodestra dovrebbe riunirsi subito per individuare il candidato alla presidenza, ma questo difficilmente succederà.
LO SCHEMA DI LEODORI
Nel centrosinistra il nome del vicepresidente Daniele Leodori è quello più forte. Di Enrico Gasbarra non parla più nessuno, Alessio D’Amato è in seconda linea, Marta Bonafoni e Monica Cirinnà rappresentano delle ipotesi complicate da realizzare. C’è una dichiarazione di Leodori molto indicativa, che è questa: “C’è un gran dibattito in questi giorni sulle elezioni regionali e credo sia utile dire quello che penso con chiarezza. In questi anni abbiamo fatto tanto. Non serve ripeterlo, è sotto gli occhi di tutti. Ma ci sono progetti importanti che vanno portati a termine. A cominciare dai fondi del Pnrr, che vanno spesi per i trasporti, le infrastrutture, il sociale e così via. Ora per portare a termine questo lavoro c’è una sola strada. Essere uniti. Farlo con la stessa squadra che ci ha portato fin qui. Dividerla ci farebbe fare un salto indietro di dieci anni”. Di quella squadra fra qualche giorno, quando cioè Nicola Zingaretti si sarà dimesso, il leader è lui. Vicepresidente della Regione Lazio, sarà Daniele Leodori a chiudere la legislatura. Il problema è rappresentato dalle alleanze con i Cinque Stelle e con il Terzo Polo. Se la decisione verrà lasciata ai livelli regionali, allora può darsi che il Campo largo possa ricostituirsi. Però è terribilmente complicato, perché il Lazio non è una regione normale. Di conseguenza Giuseppe Conte, Carlo Calenda e Matteo Renzi se la giocheranno con un occhio rivolto al piano nazionale. E l’interlocutore del Pd sarà ancora Enrico Letta, segretario fino alla celebrazione del nuovo congresso, in programma non prima di aprile 2023.
I TORMENTI DELLE CANDIDATURE DEM IN CIOCIARIA
Nel Partito Democratico della provincia di Frosinone si continua a ragionare come se fosse sicura l’elezione di due consiglieri regionali. Come fu nel 2018 con Mauro Buschini e Sara Battisti. Una condizione che si realizza se vince il centrosinistra, ipotesi per nulla scontata stavolta. Nel frattempo si sta dando per acquisita la “testa di lista” per le regionali: Sara Battisti, Mauro Buschini, Antonio Pompeo. Nessuno osa porsi una domanda che invece sta nelle cose: cosa succede se vince il centrodestra e soltanto uno dei tre viene eletto consigliere regionale? Quali potrebbero essere le “stanze di compensazione” per gli altri due? Un tema molto serio perché può alterare tutti gli equilibri interni al partito in Ciociaria. In questi anni c’è stato un equilibrio garantito dai ruoli: Buschini e Battisti consiglieri regionali, Pompeo presidente della Provincia e sindaco di Ferentino. Con Francesco De Angelis alla guida prima dell’Asi e adesso del Consorzio industriale regionale. Presupposto irrinunciabile per tutti: la Regione Lazio guidata dal Pd con Nicola Zingaretti. Ma se questa condizione viene meno, il castello crolla e chi si ritrova senza prospettive può diventare una mina vagante. Post scriptum: e se fosse De Angelis a candidarsi alla Pisana?