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Sul trono d’Europa la Spagna di Sergio Scariolo

Roberto Mercaldo
Il coach italiano ingabbia una Francia al di sotto delle attese.
Settembre 19, 2022
Sergio Scariolo

Quarto titolo europeo per Sergio Scariolo alla guida della Spagna. Il poker di successi proietta il coach bresciano al secondo posto di sempre, alla pari con Spandarjan, che guidò la Russia nel dopoguerra. È un verdetto tutt’altro che scontato, perché sul tetto d’Europa si è sistemata una squadra profondamente rinnovata, senza Navarro, Rodriguez, Gasol e privata nell’immediata vigilia anche di Sergio Llull e Ricky Rubio. Francia, Slovenia, Germania e soprattutto Serbia sembravano fornire maggiori garanzie di competitività. Sappiamo tutti chi e come abbia tolto di mezzo i maestri serbi dalla competizione. La giovane Italia di coach Pozzecco ha giocato una partita da trasferire ora e per sempre nella storia di questa disciplina ed ha regalato a tutte le altre partecipanti uno spicchio di sogno. Ne ha approfittato al meglio la Spagna del naturalizzato Lorenzo Brown e dei fratelli Hernangomez, Willy la sicurezza e Jancho la bomba che esplode in finale e scrive 27. Le lacrime di Rudy Fernandez, 37 all’anagrafe e l’entusiasmo di un bambino, sono l’ideale copertina di un Europeo sorprendente, perché ricco di colpi di scena. Dopo la caduta del gigante serbo, in tanti indicavano nella Slovenia del divino Doncic la formazione che poteva riscrivere la storia. Sul loro cammino però la Slovenia e Doncic hanno trovato una Polonia capace di mettere a frutto mirabilmente ogni virtù, salvo smarrirsi, in modo davvero esagerato, nella semifinale contro la Francia. I transalpini, usciti dalla buca in modo fortunoso contro Turchia e soprattutto Italia, hanno travolto i polacchi con distacco record e si sono presentati al cospetto della Spagna con quel pizzico di supponenza che nello sport si paga spesso in modo pesante. A ben guardare, è stato il primo quarto a scavare tra le due contendenti un margine rivelatosi decisivo, sebbene la Francia abbia rimesso in discussione il verdetto a metà del terzo quarto. Stavolta però dall’altra parte c’era una squadra convinta delle proprie potenzialità e capace di disinnescare Huertel e Gobert nel momento del loro massimo sforzo. Terzo posto alla Germania, che nel segno del pronostico ha piegato una Polonia comunque contenta di un risultato oltre le attese. Noi siamo ancora lì, a ripensare malinconici a quel ferro ingiusto che ci ha impedito di andare avanti e di sfidare (quasi certamente) gli spagnoli nell’ultimo atto. Fontecchio, Polonara e Melli sono le certezze dalle quali ripartire. Perché prima o poi sul gradino più alto del podio ci torneremo.

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