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Canta Napoli, piange la Juve di Allegri

Roberto Mercaldo
Fiorentina e Lazio perdono partita e faccia, vincono le milanesi e la Roma.
Settembre 16, 2022
Luciano Spalletti

La seconda tornata delle Coppe Europee ha ribadito come e quanto sia pericoloso un approccio morbido con la gara. Non sono più i tempi in cui le italiane rischiavano di buscarle solo in Germania, in Spagna e in Inghilterra. Ora le trasferte a rischio sono molte, ad ogni latitudine possono nascere insidie tecnico tattiche dalle quali scaturiscono talvolta vere e proprie figuracce. È quanto accaduto a Lazio e Fiorentina, battute e umiliate in Turchia e in Danimarca. La “viola”, dopo un primo tempo all’insegna dell’equilibrio, è stata travolta dal Basaksehir, compagine di Instanbul praticamente priva di storia europea. Un 3/0 che fa male, dopo l’inopinata pareggio con i lettoni dell’RFS Riga. E la qualificazione, dopo soli due turni, sembra già un miraggio. È ancora in piena corsa la Lazio, in un girone in cui le quattro compagini sono tutte a tre punti. Destano però sensazione le proporzioni della sconfitta, sul campo della dodicesima del campionato danese, il Midtiylland: 5/1 l’umiliante score della recita incolore dei biancocelesti. Un monologo concesso a chi per qualità tecniche avrebbe potuto tutt’al più far da suggeritore. Per prendersi la scena in Europa non basta il blasone. Serve un impegno feroce, serve non abbassare mai l’attenzione. Oggi le squadre che frequentano la platea continentale hanno tutte un’idea di gioco e hanno dimenticato cosa sia il timore reverenziale. Il rischio di capitomboli, in mancanza di questi presupposti, diventa reale. Con un tempo di ritardo e sfruttando la superiorità numerica propiziata dall’espulsione di Tembo, la Roma ha liquidato la pratica Hjk Helsinki, rimettendosi in linea di galleggiamento. È servito Dybala, anche stavolta. L’ingresso dell’argentino a inizio ripresa ha cambiato il copione, grazie a un sinistro chirurgico che dopo un minuto e mezzo della ripresa ha fatto saltare il bunker finlandese. Tutto facile da quel momento in poi, fino al 3/0 di Belotti, al primo centro in giallorosso. In Champions tre vittorie in quattro gare per le nostre portacolori. La sola eccezione si chiama Juventus, e questa è una piccola rivoluzione. È dal 2013 che la Juve non patisce un’eliminazione nella fase a gironi. Allora toccò alla Juve di Conte, estromessa dal Galatasaray di Mancini e poi protagonista in Europa League fino alla semifinale con il Benfica. Proprio i lusitani hanno inflitto ai bianconeri una sconfitta che compromette anzitempo le chances di superamento del turno. Era iniziata nel migliore dei modi, col repentino gol di Milik. È finita con i fischi della Curva e tante facce perplesse. L’Allegri bis continua a destare sensazioni poco piacevoli. È una squadra che fatica a palleggiare, fatica a correre e fatica a lottare. Smarrita, come uno scolaretto al primo giorno di scuola. E in Europa certe titubanze non sono più consentite, specie al cospetto di squadre come il Benfica, che a Torino ha inanellato la dodicesima vittoria su altrettanti match disputati. Alle ambasce bianconere fa da contraltare il gran momento del Napoli di Spalletti, la più brillante tra le squadre dello Stivale. Dopo la grande impresa con il Liverpool, gli azzurri hanno concesso un convincente bis in terra di Scozia. A metà ripresa, dopo il reiterato errore di Zelinski dagli undici metri, Politano ha spezzato l’incantesimo e poi Raspadori e Ndombele hanno trasformato il successo in trionfo. Trasferta fruttuosa anche per l’Inter, che con un gol per tempo ha chiarito le gerarchie al volenteroso ma tecnicamente poco consistente Viktoria Plzen, vaso di coccio tra i vasi di ferro del gruppo C. Bene anche il Milan, che ha giocato su buoni ritmi e ha preso d’assalto fin dall’avvio la porta della Dinamo Zagabria. Il 3/1, prezioso e meritato, pone i rossoneri in vetta a un girone che continua a segnalare il momento poco felice del Chelsea, fermato sul pari casalingo dal Salisburgo, a ribadire il concetto che il nome, senza un’adeguata prestazione, non basta più.

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