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Le intese a perdere che cancellano il Pd nei territori. Nel centrodestra è rissa per il collegio del Senato. Aspettando l’algoritmo…

Licandro Licantropo
Carlo Calenda, dopo un’occhiata veloce ai sondaggi e soprattutto al “sentiment” sui social network, medita l’ennesima giravolta.
Agosto 7, 2022
Carlo Calenda, leader di Azione

Il segretario del Pd Enrico Letta ha parlato di intese bilaterali, elettorali con Sinistra Italiana e Verdi, programmatiche con Azione. Il collante? Evitare che “per la prima volta nella sua storia l’Italia abbia un governo di destra-destra”. Con tanti saluti all’Agenda Draghi, che Fratoianni e Bonelli non hanno mai sostenuto. Meglio rispolverare la solita retorica antifascista.
Non finisce qui: Letta ha chiuso l’accordo pure con Luigi Di Maio, ex capo politico dei grillini e ministro degli esteri del Governo di unità nazionale di Mario Draghi. Tutto a posto? Non ci pensate nemmeno.
Carlo Calenda, dopo un’occhiata veloce ai sondaggi e soprattutto al “sentiment” sui social network, medita l’ennesima giravolta. Strappo con i Dem e corsa in solitaria con l’obiettivo di poter arrivare perfino al 15%. La verità è che nel centrosinistra c’è soltanto un’ “ammucchiata” senza alcun collante ideologico e programmatico che nulla può garantire al Paese. Cosa succederebbe in consiglio dei ministri sul rigassificatore di Piombino? Nel centrodestra non sono certo rose e fiori: il braccio di ferro sulle politiche dell’immigrazione tra Fratelli d’Italia (blocco navale) e Lega (decreti sicurezza) non è una quisquilia. Però è davvero nulla rispetto a quello che sta succedendo e che potrebbe succedere nelle prossime ore a sinistra. Tra i colonnelli del Pd, intanto, cresce il “fastidio” verso Carlo Calenda.

IL PD RISCHIA DI AZZERARE I TERRITORI

In attesa di capire se Calenda sarà protagonista dell’ennesimo “contrordine”, la situazione è questa: il Partito Democratico ha fatto un accordo con Azione che prevede, nei collegi uninominali, il 70% di candidature proprie e il 30% di esponenti di Azione e di +Europa. Scomputando i seggi rientranti in altre intese. Con Sinistra Italiana e Verdi stesso schema, ma percentuali diverse: 80% de 20%. Sempre con lo scomputo. I collegi uninominali maggioritari in Italia sono 221 (non 600). Il Partito Democratico presenta già una sua lista con Articolo 1 e Demos. Quindi, a quante candidature dovrà rinunciare nei maggioritari? A tantissime. Ancora una volta questo si tradurrà con una cancellazione selvaggia di possibili designazioni nei territori delle province (Frosinone compresa), perché i leader (nazionali e regionali) dovranno essere salvaguardati. Dimenticavamo: nel frattempo i posti al Senato sono 200 e non più 315, quelli alla Camera 400 e non più 630. Quante possibilità concrete avrà Francesco De Angelis di ottenere una candidatura al primo posto (e quindi eleggibile) nel collegio proporzionale di Frosinone e Latina? Non ne ha avuto la possibilità nel 2018, quando tutte queste complicazioni non c’erano. Figuriamoci adesso. La Federazione provinciale del Pd dovrebbe iniziare a ragionare sulla possibilità di dare una risposta politica forte, anche di rottura se serve. In provincia di Frosinone il centrodestra è maggioritario: continuare a battersela  nei Comuni, vincere negli enti intermedi ed eleggere costantemente uno o due consiglieri regionali non è uno scherzo. Ma evidentemente tutto questo lavoro non basta e non viene riconosciuto, come non è bastato e non è stato riconosciuto in passato a Francesco Scalia, a Nazzareno Pilozzi, a Maria Spilabotte, allo stesso Francesco De Angelis.

IL CENTRODESTRA TRA ALGORITMO E COLLEGIO AL SENATO

A livello nazionale il centrodestra ha deciso che sarà l’applicazione degli algoritmi a definire il piazzamento più performante per le candidature spettanti a ciascuna forza politica. A livello nazionale la suddivisione nei 221 collegi maggioritari è stata questa: 98 a Fratelli d’Italia, 70 alla Lega, 42 a Forza Italia, 11 a Noi con l’Italia e Coraggio Italia. Nel Lazio i collegi maggioritari sono 20. Si dovrebbe andare in questo modo: 10 a Fratelli d’Italia, 6 alla Lega, 4 a Forza Italia, ma bisognerà vedere la quota ai centristi. Nella circoscrizione Frosinone-Latina i collegi uninominali sono 4: 3 alla Camera e 1 al Senato. La situazione più difficile è per Forza Italia,  che in questo territorio potrà avere una sola candidatura. Se va bene. Con Fratelli d’Italia a 2 e la Lega lo stesso a 1. Altri spazi non esistono, inutile prendersi in giro. Il collegio del Senato di Latina-Frosinone è particolarmente ambito: ci puntano Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Mentre per Fratelli d’Italia, sondaggi alla mano, andranno bene sia candidature nel maggioritario che nel proporzionale, per Lega e “azzurri” non è così perché le percentuali che emergono dalle rilevazioni delineano un distacco enorme dal partito di Giorgia Meloni, che può fare da asso pigliatutto in alcuni collegi plurinominali, tra i quali quelli del Basso Lazio. Inoltre, sempre nella Lega e in Forza Italia ci sono diversi esponenti nazionali importanti, autorevoli e potenti ai quali dovrà essere garantita l’elezione. E cosa c’è di meglio di un collegio uninominale dei nostri? Noi di Politica7 lo abbiamo scritto in tempi non sospetti e lo ribadiamo: dalla capacità di candidare esponenti locali nel territorio si misurerà il peso della classe dirigente provinciale dei diversi partiti. In alcuni casi sarà impossibile evitare l’effetto-catapulta, ma dopo bisognerà analizzare la risposta. Perché la politica non finisce il 25 settembre.

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