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Ci vuole un fisico bestiale… per ottenere la candidatura il centrodestra e la presidenza della Provincia: ora o mai più

Licandro Licantropo
La leader di FdI, Giorgia Meloni avrà meno problemi rispetto agli altri leader per le candidature.
Luglio 31, 2022
Giorgia Meloni

Alla vigilia delle elezioni politiche del 4 marzo 2018 l’Italia aveva un assetto politico tripolare: centrodestra, centrosinistra, Movimento Cinque Stelle. Ettore Rosato, fedelissimo di Matteo Renzi, si era inventato il Rosatellum (due terzi dei collegi assegnati con il proporzionale e un terzo con il maggioritario) per “incartare” il risultato che sarebbe uscito dalle urne. Fu un capolavoro sotto questo punto di vista perché ci riuscì: trattative estenuanti e settimane a girare a vuoto prima dell’intesa, fragile, tra Cinque Stelle e Lega. Pescando uno sconosciuto Giuseppe Conte per la presidenza del consiglio. Oggi è un altro mondo, il sistema italiano è tornato bipolare (centrodestra e centrosinistra), con due partiti che si contendono la leadership: Fratelli d’Italia e Pd. Tutti gli altri sono lontani. Il Rosatellum darà inevitabilmente altri risultati. Anche perché i deputati saranno 400 (non più 630) e i senatori 200 (non più 315). Nel frattempo il quadro politico è molto cambiato anche nei territori e basta fermarsi a riflettere pochi minuti per rendersi conto di quello che è successo.

DAL 2018 AL 2022 IN UN ATTIMO

Il 4 marzo 2018 nei collegi maggioritari della provincia di Frosinone venivano eletti Massimo Ruspandini (Fratelli d’Italia) al Senato, Francesco Zicchieri (Lega) alla Camera nord e Ilaria Fontana (Movimento Cinque Stelle) alla Camera sud. A distanza di poco più di quattro anni Zicchieri ha sbattuto la porta nel Carroccio e, dopo un flirt politico con il partito di Luigi Di Maio, ha trovato casa in Italia Viva di Matteo Renzi. E’ fuori gioco per la conferma. Ilaria Fontana si ritrova senza punti di riferimento nei Cinque Stelle perché Vito Crimi non potrà concorrere visto che ha già espletato due mandati. Soltanto Massimo Ruspandini non avrà problemi ad ottenere la ricandidatura e la riconferma. Bisognerà aspettare per capire dove si posizionerà, ma questo è normale in un grande partito come Fratelli d’Italia. Nel 2018, in quota proporzionale, vennero eletti pure Luca Frusone e Enrica Segneri. Entrambi nel Movimento Cinque Stelle. Frusone adesso sta con Di Maio, mentre la Segneri difficilmente avrà un’altra possibilità di candidatura. Nella Lega Francesca Gerardi entrò a Montecitorio attraverso il collegio plurinominale. Una sua ricandidatura è ardua. Stesso discorso per il senatore Gianfranco Rufa, che nel 2018 venne eletto in quel di Viterbo. Questo per dire che non è semplice mantenere certe posizioni apicali quando si viene eletti alla Camera o al Senato. La “chiave” è il radicamento territoriale: Massimo Ruspandini non lo ha perso di vista neppure un secondo. Indubbiamente però in quattro anni è cambiato tutto. Dopo il governo gialloverde, quello giallorosso e poi l’esecutivo di unità nazionale guidato da Mario Draghi. Mentre accadeva tutto questo il sistema politico si è riposizionato. Indovinate un po’? Su destra (Fratelli d’Italia) e sinistra (Pd). Non per caso.

LA PROVINCIA E’ TUTT’UN QUIZ

Ricordate il celebre tormentone di Renzo Arbore “La vita è tutt’un quiz?”. La presidenza dell’Amministrazione provinciale pure. Si voterà tra poco, a gennaio 2023. La riforma del terzo mandato per i sindaci dei Comuni con più di 15.000 abitanti non è stata fatta, la metà dei sindaci (gli unici che con la legge Delrio possono candidarsi a presidente) non potrà concorrere perché avrà davanti meno di 18 mesi di mandato(norma che più astrusa non si può) e Antonio Pompeo potrebbe presto dare il segnale del rompete le righe. Nel Partito Democratico sta stretto da tempo, l’intesa con Francesco De Angelis gli aveva dato l’illusione di poter trovare spazi eleggibili. Invece alle politiche è chiuso dalla mancanza di possibilità perché i seggi non ci sono. Mentre alle regionali ha capito che Pensare Democratico di De Angelis sarà come una “falange macedone” a sostegno di Sara Battisti e Mauro Buschini. Pompeo starebbe valutando (il condizionale è d’obbligo) la possibilità di lasciare i Dem per aderire ad Azione di Carlo Calenda o a Italia Viva di Matteo Renzi. Per cercare di candidarsi alle regionali: ma è sicuro che in questo modo avrebbe più possibilità. A parte il fatto che Azione sta diventando una sorta di refugium peccatorum, Calenda ogni giorno è un’incognita sul piano del posizionamento. Ieri da solo e “contro” il Pd, oggi con il Pd ma con mille paletti, domani chissà.
In ogni caso l’asse che in questo momento lega Pompeo all’area del segretario regionale Pd, Bruno Astorre dovrebbe rappresentare per il presidente della provincia una bella garanzia per mettere in sicurezza una tranquilla successione a Ferentino (dove oggettivamente ha fatto molto bene) e per tentare di aprire la porta della Pisana dove alcuni equilibri potrebbero saltare prima dell’apertura delle urne.
Intanto la presidenza della Provincia non solo è diventata “contendibile”, ma il centrodestra ha l’occasione storica di vincere. Non è mai successo da quando c’è la legge Delrio e in precedenza c’è stata una sola eccezione, con Antonello Iannarilli presidente (poi dimessosi per candidarsi, senza successo, alla Regione). Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia devono trovare il tempo per indicare un candidato alla presidenza della Provincia condiviso e forte. Dopo le politiche ci saranno le regionali, ma le provinciali non possono essere ancora una volta trascurate. Si tratta della postazione in assoluto più strategica.
Ora o mai più per il centrodestra quindi, che conta tanti sindaci. A partire da Riccardo Mastrangeli (Frosinone), Roberto Caligiore (Ceccano) e Lucio Fiordalisio (Patrica). Conquistare la presidenza della Provincia manderebbe in frantumi l’intero sistema di potere del Pd in Ciociaria.

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