I Cinque Stelle adesso dicono che il Paese è in ginocchio, ma sono l’unico partito ad aver governato sempre in questa legislatura. Prima con la Lega, poi con il Pd e infine nella grande “ammucchiata” a sostegno del Governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi. Per due volte l’avvocato del popolo Giuseppe Conte è stato a Palazzo Chigi, prima con una maggioranza gialloverde, poi con una giallorossa. L’Italia è in ginocchio è vero e ce l’hanno messa loro: Beppe Grillo, Giuseppe Conte, Luigi Di Maio (scissione tardiva), Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Paola Taverna. Perfino Rocco Casalino, talebano della rottura a tutti i costi con Draghi. Mentre adesso si susseguono penultimatum e ultimatum, mentre si annunciano altre possibili fuoriuscite dal Movimento, mentre, va detto, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi continuano a tenere il piede in due scarpe, la macchina del voto (per ottobre) si è comunque messa in moto. Impossibile pensare di continuare così, impossibile pensare che uno come Mario Draghi debba doversi preoccupare di quello che ogni mattina pensano Conte, Taverna e Casalino. La situazione più paradossale, però, è quella del Pd. Enrico Letta ha invitato il Movimento Cinque Stelle a restare in partita mercoledì. Nessuno ha capito bene cosa significhi…
QUELLI CHE DICONO BASTA
Nel Partito Democratico in tanti hanno avversato l’alleanza con i Cinque Stelle voluta e glorificata da Nicola Zingaretti. Oggi lo ricordano e rilanciano. Andrea Marcucci, uno dei leader di Base Riformista, ha detto a Italia Oggi: “La forza politica più importante della maggioranza ha deciso di non partecipare al voto. Un segnale pesante, decisamente irresponsabile. Quello che si è verificato è uno spartiacque. Non mi immagino che la volontà dei Democratici sia molto vicina a quella dei 5 Stelle. Abbiamo assistito ad uno spettacolo indecoroso, consumato sulla pelle degli italiani”. Perfino Romano Prodi non si è trattenuto: “C’è un campo senza recinti che va ridisegnato, bisogna prendere atto della scissione di Luigi Di Maio: si sta rimescolando tutto. Siamo alla resa del Conte… prendiamone atto”. E il sindaco di Milano Beppe Sala: “Il Campo largo non c’è; io lo dico da mesi. Non c’è obiettivamente. Ora il problema è del Pd. Oggi il campo del centrosinistra è composto in maniera certa dal Pd, più la formazione di Angelo Bonelli (Europa Verde) e Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana). Può esserci dell’altro? Dipende da quando si andrà a votare. Noi, piuttosto, dobbiamo pensare a noi perché c’era una forzatura logica nell’incontro con il M5S”.
QUELLI CHE SI ACCANISCONO
Eppure, nonostante tutto, Nicola Zingaretti fatica a fare “mea culpa” e alla Regione continua a rinsaldare l’asse con Roberta Lombardi dopo aver avversato Virginia Raggi in Campidoglio. In previsione di mercoledì si farà di tutto pur di evitare il voto, potrebbero richiamare chiunque pur di presiedere un Governo che abbia un solo vero obiettivo: evitare che si voti per evitare la vittoria di Giorgia Meloni. Immaginate cosa succederebbe nel Paese se il centrodestra dicesse che alle urne non si può andare altrimenti vince il Pd…
NESSUNO PUO’ CHIAMARSI FUORI
Siamo in un momento decisivo della vita politica del Paese. Certamente decideranno i leader, ma tutti devono avere il coraggio di dire come la pensano. Anche nei territori. Servirà a rendere più chiara la situazione. Per esempio il senatore Massimo Ruspandini (Fratelli d’Italia) non ha alcun dubbio sulla necessità di tornare al voto. Come auspica Giorgia Meloni. Nella Lega Claudio Durigon cosa sta consigliando a Matteo Salvini? Di restare nell’ammicchiata o di tornare nel recinto del centrodestra? Nicola Ottaviani, coordinatore provinciale, preferirebbe le urne a ottobre oppure no? In Forza Italia il potentissimo Fazzone, coordinatore regionale del partito, è in sintonia con il “situazionismo” perenne di Silvio Berlusconi? Nel Pd neppure a dirlo: Pensare Democratico di Francesco De Angelis, Mauro Buschini e Sara Battisti è d’accordo con Nicola Zingaretti, a sua volta d’accordo con Enrico Letta. Ma per fare cosa? Resistere, resistere, resistere. Inutile pensare di avere una dichiarazione dai deputati del Movimento Cinque Stelle: Ilaria Fontana (sottosegretario alla transizione ecologica) ed Enrica Segneri sono rimaste nel partito, Luca Frusone invece ha seguito Luigi Di Maio. Ma di ognuno di loro, in questa provincia, non ci sono tracce politiche. Come non ci sono mai state.