Sospensione del decreto di perimetrazione del Sin Valle del Sacco? Nulla. Novità concrete sulla Stazione Tav di Ferentino-Supino? Nulla. Piano per la gestione completa del ciclo dei rifiuti? Diffide alle Province. La campagna elettorale è finita (male) per la Regione Lazio: sconfitte nette in tutti e tre i capoluoghi al voto. A Rieti al primo turno, a Viterbo l’assessore Alessandra Troncarelli mai in partita al ballottaggio, a Frosinone Campo largo asfaltato. Nicola Zingaretti ci ha messo la faccia ovunque ed è per questo che il centrodestra ha parlato di avviso di sfratto. Forse gli eterni annunci che restano tali hanno ormai stancato i cittadini e le imprese. Magari sarebbe il caso di riflettere ad un anno dalle elezioni.
DAL SIN ALLA STAZIONE
E’ bene ricordare come sono andate le cose perché l’abitudine è quella di far dimenticare tutto. Davanti all’assemblea degli industriali del Lazio e al cospetto del presidente della Repubblica, Nicola Zingaretti lasciò intendere chiaramente che aveva raggiunto un accordo con il premier Mario Draghi e con il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani per sospendere l’operatività del decreto di perimetrazione attualmente vigente nell’ambito del Sito di Interesse Nazionale della Valle del Sacco. Parliamo di perimetrazione ma pure di procedure e di burocrazia: era appena successo che la Catalent aveva spostato in Inghilterra 100 milioni di dollari di investimento e decine di posti di lavoro altamente specializzati. Zingaretti definì quel decreto frutto di “errori ed illusioni che hanno bloccato tutto”. Lasciando intendere che l’iter per la sospensione sarebbe stato completato in pochissimo tempo. A ragionarci oggi, l’altolà del sottosegretario alla transizione ecologica era più che una risposta politica. Ilaria Fontana disse che non ci sarebbe stata alcuna sospensiva e che la Regione, se lo avesse ritenuto, poteva farsi parte attiva nella richiesta di riperimetrazione. Come dire: spetta alla Regione presentare istanza di riesame del procedimento di riperimetrazione del Sin, con la partecipazione dei Comuni e degli enti competenti in materia di ambiente e di salute. Come già successo nel 2016. Da quel momento è calato il silenzio della Regione sul punto. Nessuna risposta alle imprese. Continuiamo a non capire per quale motivo Unindustria non chieda conto al Governatore.
Per la Stazione Tav di Ferentino-Supino, non vale la pena tornarci sopra adesso: avevamo ragione noi di Politica7. Gli annunci della Regione e di Ferrovie sullo studio di fattibilità in corso andavano e vanno letti in un solo modo: la struttura non rientra nel piano delle opere previste e finanziate. Non si farà e quindi la Ciociaria è destinata a perdere l’ennesimo treno. Questa volta ad Alta Velocità.
I RIFIUTI E LA MANCANZA DELLA DISCARICA
Poche settimane fa abbiamo scritto che il problema della Ciociaria non era rappresentato dall’immondizia di Roma trattata, in parte, anche alla Saf. Il punto è che da oltre un anno manca la discarica di riferimento perché l’impianto della Mad a Roccasecca è fermo da quando si è esaurito il quarto invaso. Di realizzare il quinto la società non ne ha voluto sapere. Adesso la Regione dice che ogni Ambito Territoriale Ottimale dovrebbe essere autosufficiente e autonomo (bella scoperta), individua criticità diverse nei singoli territori (altra bella scoperta) e chiede alle Province di dare risposte in pochissimi giorni. Ma la Regione Lazio avrà qualche competenza in materia di rifiuti? Perlomeno di coordinamento? Certamente sì. Siamo al solito scaricabarile che non sorprende e non appassiona.
IL DIBATTITO SURREALE DIETRO LE QUINTE
In tutto questo nel Partito Democratico si sta cercando di capire se l’ipotesi di candidare Enrico Gasbarra alla presidenza della Regione possa essere accettata da Daniele Leodori e Alessio D’Amato. Si stanno portando avanti trattative parallele per provare a lanciare l’ex presidente della Provincia di Roma. Senza troppo successo però. Il segretario regionale Bruno Astorre, numero due di AreaDem di Dario Franceschini, ha fatto intendere anche a Zingaretti che bypassare la soluzione del vicepresidente Daniele Leodori, magari rimangiandosi le primarie, scatenerebbe la reazione della potentissima corrente del ministro della cultura. L’assessore alla sanità Alessio D’Amato ha fatto lo stesso nei confronti di chi gli ha chiesto un passo indietro che sinceramente non avrebbe senso. Il Pd del Lazio è diventato un caso a livello nazionale: perché mentre Enrico Letta ha vinto in diversi Comuni e in tanti ballottaggi con lo schema del Campo largo, qui invece è successo il contrario. Il modello Zingaretti, che ha portato a due vittorie straordinarie in controtendenza (2013 e 2018) sembra aver esaurito la sua forza propulsiva. Non soltanto per l’asse privilegiato con i Cinque Stelle che non porta vota e che allontana alleati preziosi come Carlo Calenda, Emma Bonino e i Socialisti. Ma anche, o forse a questo punto soprattutto, per la tendenza a far decidere le strategie e le candidature che contano davvero sempre ad una ristretta cerchia, oggi formata dallo stesso Nicola Zingaretti, dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri, dal deputato Claudio Mancini, dal potentissimo capo di Gabinetto della Capitale Albino Ruberti e da Goffredo Bettini, regista da anni delle operazioni che hanno portato ai successi di Francesco Rutelli, Enrico Gasbarra e poi Nicola Zingaretti. Solo che non funziona più così, i tempi e gli schemi sono cambiati, il tocco magico si è perso. La vittoria alle comunali di Roma ha tratto in inganno tutti: a determinarla sono stati gli errori di un centrodestra ampiamente maggioritario che da qualche tempo ama farsi del male e perdere. Sbagliando i candidati e dividendosi sulle alleanze. Ma tra dodici mesi alle regionali del Lazio non potrà permetterselo. Nel frattempo l’unico tema sul tavolo del Pd laziale e romano è la possibile candidatura di Enrico Gasbarra. Roba da Scherzi a parte.