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Per punire gli oligarchi amici di Putin adesso si sequestrano anche le… chiese. Accade a Tarquinia

Alberto Fraja
Quando si parla di sanzioni imposte alla Russia, il rischio di sconfinare nel ridicolo è sempre dietro l’angolo.
Giugno 27, 2022

Quando si parla di sanzioni imposte alla Russia, il rischio di sconfinare nel ridicolo è sempre dietro l’angolo. Ammettiamo pure che sia stata cosa buona e giusta congelare i beni dei cosiddetti oligarchi, quei signori impaccati di rubli che in Italia hanno ville faraoniche sulla Costa Smeralda, hotel di lusso sparsi qua e là nella Penisola e yacht stratosferici. Ma sequestrare una chiesa (sì, avete letto bene: una chiesa) per punire le fregole belliciste di Putin, a noi pare un fatto a metà tra l’imbarazzante e il comico. Eppure è accaduto. 
A Tarquinia, per essere precisi,  in provincia di Viterbo, dove lo Stato italiano per punire lo zar e i suoi soldati cattivoni, ha disposto il sequestro cautelativo della chiesa di rito ortodosso intitolata a Sant’Antonio.
Il luogo di culto è di proprietà di tal Arkady Rotemberg, uno degli uomini – dicono – più vicini al presidente russo. Il magnate, qualche anno fa, è riuscito ad ottenere la struttura religiosa in comodato d’uso affidandola ad una associazione culturale senza scopo di lucro. Rotemberg ha oltretutto tirato fuori un sacco di quattrini per ristrutturare la chiesa, risalente al 1200, che come ricorda il sindaco di Tarquinia, Sandro Giulivi, cadeva a pezzi. Non è tutto perché all’interno della struttura, gestita da un religioso che si chiama padre Avel, alloggiano 14 persone. Alcune delle quali, e qui siamo di nuovo nei paraggi del paradossale, sono scappate dall’Ucraina in fiamme per venire a rifugiarsi in Italia. Bene, se sono queste le armi per fermare la guerra di Putin è legittimo dubitare che possano avere una certa efficacia.

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