Nella mattinata di oggi, alla Asl, si insedia il nuovo direttore generale Angelo Aliquò: 54 anni, palermitano di nascita, architetto, è stato scelto in una rosa di trenta nomi all’interno dello speciale albo regionale riservato ai manager della sanità. Nei giorni scorsi Aliquò è già stato nella “palazzina direzionale” dell’Azienda Sanitaria di via Fabi per rendersi conto della situazione. Proviene dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa e ha ricoperto molteplici incarichi. E’ il quarto dg in meno di tre anni, dopo Stefano Lorusso, Patrizia Magrini e Pierpaola D’Alessandro. Avrà un contratto triennale. Da vedere però se riuscirà a spezzare il tabù della “toccata e fuga” dei suoi predecessori.
UNA POLTRONA CHE SCOTTA
L’incarico di direttore generale della Asl di Frosinone è tra i più complicati in assoluto. Negli ultimi anni l’unica eccezione di “stabilità” è stata rappresentata dal commissario Luigi Macchitella, professionista temprato ad ogni tipo di scenario. E’ rimasto al timone per quattro anni. Un record. Dopo di lui la girandola tra Lorusso, Magrini e D’Alessandro (tutti bravissimi ma proiettati altrove), mentre prima c’era stata l’esperienza di Isabella Mastrobuono, protagonista di un braccio di ferro senza precedenti con Nicola Zingaretti e Alessio D’Amato.
Personaggi “tosti” del calibro di Carmine Cavallotti, Domenico Stalteri e Giancarlo Zotti hanno dovuto fare i conti con le mille trappole della Asl di Frosinone. Mauro Vicano (ultimo ciociaro alla guida) ingaggiò una sfida senza esclusione di colpi con Vincenzo Suppa. Capiremo subito quali sono le strategie di Aliquò. Intanto se confermerà o meno nei rispettivi ruoli il direttore sanitario (Simona Carli) e quello amministrativo (Eleonora Di Giulio). Servirà a capire la percentuale di continuità con Pierpaola D’Alessandro. Quest’ultima ha gestito alla perfezione l’emergenza determinata dal Covid, rivoluzionando l’assetto ospedaliero e funzionale della sanità ciociara. Adesso però la pandemia è in una fase discendente, almeno fino all’autunno. E ci sono tantissimi punti da affrontare: carenza di organico, stabilizzazione dei precari, sovraffollamento dei Pronto Soccorso, liste di attesa bibliche, necessità di recuperare visite ed esami. Angelo Aliquò viene da lontano e forse è proprio per questo che Alessio D’Amato ha scelto lui. Ad un anno dalle elezioni regionali, l’assessore alla sanità (candidato alle primarie del Pd per la presidenza della Regione) vuole gestioni esclusivamente tecniche nei territori. Senza intromissioni della politica locale, perfino del Partito Democratico. Angelo Aliquò è perfetto per questo tipo di ruolo. A livello di gestione poi dovrà fare i conti anche lui con l’altissimo tasso di contenziosi legali all’interno dell’Azienda.
Soprattutto però serviranno medici, infermieri e ausiliari. Si tratta da un lato di procedere con il piano delle assunzioni, dall’altro di rendere attrattiva la Asl di Frosinone, perché in passato si sono avute enormi difficoltà nel convincere validi professionisti a venire in Ciociaria. Per esempio gli anestesisti. C’è la questione del Dea di secondo livello all’ospedale Fabrizio Spaziani di Frosinone: se ne parla da anni e in occasione di qualunque campagna elettorale, dalle europee alle comunali. Finora al di là delle buone intenzioni e di qualche timido passo avanti, la situazione non si è sbloccata. Dovesse riuscirci Aliquò, il merito politico sarebbe tutto di Alessio D’Amato. Non dei big locali del Pd, a cominciare da Mauro Buschini. Un altro elemento da considerare.
I DESTINI INCROCIATI TRA LEADER NAZIONALI E BIG LOCALI
La sintesi perfetta l’ha fatta Mattia Feltri sull’Huffington Post: la domanda non è più se Salvini e Conte tireranno giù il Governo, ma se Lega e M5S tireranno giù loro.
Per domani, martedì 7 giugno, è atteso il pronunciamento del Tribunale di Napoli, sezione civile, su una serie di ricorsi presentati contro l’elezione bis di Giuseppe Conte alla guida dei Cinque Stelle. Il rischio è un ulteriore congelamento della posizione dell’ex premier. In quel caso sarebbero Beppe Grillo, Luigi Di Maio e Roberto Fico a riprendere in mano la situazione, con Virginia Raggi possibile jolly. Conte però potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di una scissione. Vedremo.
Il 21 giugno Mario Draghi illustrerà in Parlamento il nuovo pacchetto di aiuti all’Ucraina. Il nodo è quello delle armi: i Cinque Stelle potrebbero votare no e tentare la spallata, ma soltanto se sarà ancora Conte il leader. In ogni caso è uno scenario traballante, con l’ombra lunga delle elezioni anticipate.
Un risultato al di sotto del 15% della Lega alle amministrative potrebbe determinare un cambio di leadership. I segnali ci sono tutti: il grande gelo tra Luca Zaia e Matteo Salvini in piazza, i selfie separati tra lo stesso Salvini e Massimiliano Fedriga (che potrebbe prendere il suo posto alla guida del Carroccio), i messaggi sibillini di Giancarlo Giorgetti. Il Capitano sta cercando un’offensiva di pace interna, ma nulla è scontato. I “generali” leghisti non hanno voluto nascondere i malumori dopo l’annuncio di Salvini di voler andare a Mosca per parlare con Putin. Comunque i risultati delle comunali rappresenteranno l’elemento sul quale ragionare.
Quali potrebbero essere gli effetti sul piano locale? A Frosinone Matteo Salvini ha legittimato pienamente Nicola Ottaviani, coordinatore provinciale del partito e sindaco. Un cambio di leadership manterrebbe inalterate le gerarchie? Il ragionamento vale anche per il consigliere regionale Pasquale Ciacciarelli. Non per Claudio Durigon, fedelissimo di Salvini ma con le spalle abbastanza larghe da affrontare qualunque tipo di situazione. Francesco Zicchieri è uscito dalla Lega in contrasto con Salvini. Un cambio di guardia al vertice, a favore del Ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti potrebbe favorire un suo rientro visti gli ottimi rapporti che il deputato di Terracina intrattiene con lui.
Nel Movimento Cinque Stelle in Ciociaria è chiaro a tutti che il punto di riferimento è Ia deputata Ilaria Fontana, sottosegretario di Stato alla transizione ecologica. Poi c’è il capogruppo regionale Loreto Marcelli. La Fontana è una fedelissima di Vito Crimi e di Giuseppe Conte, Marcelli è uomo di Roberta Lombardi. In caso di ribaltone con conseguente ritorno di Luigi Di Maio in cabina di regia, cambierebbe tutto. E’ quello che sperano Enrica Segneri e Luca Frusone.
Nel Pd bisognerà attendere i futuri assetti nel Lazio. Dipenderà soprattutto dall’esito delle primarie per scegliere il candidato presidente della Regione. Si profila una duello tra Alessio D’Amato e Daniele Leodori (che mercoledì all’Eur annuncerà la sua disponibilità a partecipare alle primarie). Difficile immaginare che eventuali terzi incomodi (Enrico Gasbarra su tutti) possano inserirsi. Secondo Il Foglio Nicola Zingaretti è in difficoltà e non sa se e con chi schierarsi. Con Leodori ci sono la maggioranza del partito romano, Bruno Astorre, Dario Franceschini, Massimiliano Smeriglio e Roberta Lombardi (Cinque Stelle). D’Amato raccoglie maggiori consensi a sinistra. All’esito di questa partita verranno definite pure le candidature del territorio. Non dovrebbero esserci problemi, in nessun caso, per Francesco De Angelis e Sara Battisti. Il primo punta al Senato, la seconda potrà scegliere tra Camera e Regione. Diverso il discorso per Mauro Buschini: in uno scenario post zingarettiano non potranno esserci certezze. Sicuramente sosterrà Leodori: Mauro Buschini si è autocandidato alle regionali. Bisognerà vedere i futuri equilibri. La prima parola spetterà a Sara Battisti. Inoltre dovrà chiarirsi le idee il presidente della Provincia Antonio Pompeo. E decidere se giocarsi le sue carte alle regionali. Non tenendo conto del terzo mandato: una riforma attesa da tanti sindaci ma che, al momento, è solo una delle tante proposte che dovrebbero approdare in Parlamento in un finale di legislatura già di per se convulso. L’ipotesi della sfida da brividi all’Ok corral tra il presidente della provincia e il consigliere regionale potrebbe prendere piede quanto prima…