La cosa migliore è stata il risultato: l’Italia ha perso 1/0 contro la Spagna una partita in cui è parsa per lunghi tratti una formazione dilettantistica che allena nel ritiro estivo un club di massima serie.
A memoria, e parliamo ahimè di una memoria datata, non ricordiamo una partita così brutta degli azzurri.
Anche in occasione delle nostre Coree (quella del Nord nel 1966 e quella del Sud e… dell’arbitro Moreno nel 2002) sul piano del gioco quelli in casacca azzurra avevano fatto decisamente meglio.
Stavolta l’Italia ha condensato in 94 minuti nefandezze tecnico tattiche che di regola si sommano in un intero anno solare e forse anche oltre.
Scolaretti al primo giorno di lezione, esploratori sprovvisti, scalatori senza corda né picconi.
Per descrivere le sensazioni che i ragazzi di Spalletti hanno suscitato occorrono una vivida immaginazione e una propensione all’ardita metafora. Sta di fatto che si è arrivati al 94’ senza un bagliore, un sussulto, un moto d’orgoglio, una goccia di quel mare italico le cui onde hanno travolto, in epoche differenti, tutte le più importanti realtà del calcio mondiale.
DOMINIO IBERICO MA PRIMO TEMPO IN BIANCO
Come possa essersi chiuso sullo 0/0 il primo tempo tra Spagna docente e Italia allieva distratta, lo sa solo la dea del calcio, che è bizzosa come un soffio di vento e illogica come un teorema indimostrabile.
Lo sa anche Gigione Donnarumma, che di mestiere fa il portiere ed è il solo che il proprio mestiere lo abbia svolto al meglio, nella serata indecorosa di Gelsenkirchen. Gli spagnoli a girare il pallone e i nostri a guardare, quasi fossero regole inderogabili di un gioco che ben presto ci ha stancato.
Non era semplice credere che quella fosse la realtà e non uno scherzo ben architettato. Solo tre anni fa l’Italia aveva battuto, sia pure ai rigori, la nazionale iberica, ed ora una disparità di valori così grande in un lasso di tempo calcisticamente breve non era ipotizzabile.
Le imbarazzanti prestazioni sulle corsie di Dimarco e Di Lorenzo, gli impacci consueti di Jorginho e quelli meno prevedibili del volenteroso Barella e del disorientato Frattesi sono emersi come iceberg nel Mare del Nord.
E davanti, laddove il davanti è un paradosso geografico, da Scamacca e Chiesa il nulla cosmico. Miracolosamente chiuso in bianco il primo tempo, l’Italia si è fatta gol da sola, perché in tema di nefandezze un autogol di Calafiori, altro personaggio in cerca d’autore nella calda sera tedesca, non poteva certo mancare.
Reazione? No grazie. Altre parate di Gigione però. E allora, a 10’ dal termine gli spagnoli, con Williams indemoniato e Cucurella a portare le chiome fluenti per ogni dove, quasi fossero il vessillo di quella superiorità indiscussa ma non quantificata, cominciano ad arretrare.
Per un’Italia normale sarebbe l’occasione di andare a caccia di un pari ingiusto, per questa senza spina dorsale e senza logica il modo migliore per non prenderne altri. Finisce così, in modo davvero inglorioso.
Troppo brutta per essere vera: con la Croazia ci vorrà altro, ma intanto l’ingloriosa pagina si è chiusa.