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Lo strano commiato di Zingaretti dalla Regione e il silenzio del Pd ciociaro. Il nervosismo di Forza Italia e Lega per l’attacco del terzo polo sul proporzionale

Licandro Licantropo
Il presidente della Regione è uno che preferisce glissare quando il gioco si fa duro. Si dimetterà da Governatore dopo aver staccato il biglietto per Palazzo Madama.
Agosto 13, 2022
Nicola Zingaretti

Dal Piemonte alla Toscana le federazioni locali del Pd hanno detto a brutto muso al segretario Enrico Letta che non vogliono “paracadutati” nei loro collegi. Chissà se la federazione provinciale di Frosinone farà altrettanto nei prossimi giorni quando si tratterà di decidere  nel Lazio 2. Oppure se il cavillo verrà elevato a parametro irrinunciabile per allinearsi, tacendo, ancora una volta. Ecco il cavillo: il deputato Claudio Mancini è nato a Picinisco ed è figlio di uno storico dirigente del Pci. Ma tutto si può dire meno che eserciti la sua attività politica in Ciociaria. Il candidato del territorio è Francesco De Angelis, che già nel 2018 dovette accomodarsi al terzo posto (non eleggibile) per far posto a Mancini. Dovesse succedere la stessa cosa, il segretario Luca Fantini e i consiglieri regionali Mauro Buschini e Sara Battisti avrebbero il coraggio di “ribellarsi” alle scelte di Enrico Letta e soprattutto ai silenzi di Nicola Zingaretti? Il quale sarà blindato al Senato nel proporzionale (a Roma) e non ha raccolto la sfida che gli aveva lanciato Carlo Calenda di misurarsi direttamente nel maggioritario. Un’occasione persa.

I TROPPI SILENZI DI ZINGARETTI

Il presidente della Regione è uno che preferisce glissare quando il gioco si fa duro. Si dimetterà da Governatore dopo aver staccato il biglietto per Palazzo Madama. In queste ore ha detto che il centrosinistra non deve avere paura se ha idee e proposte. Ha rivendicato il modello Lazio nella gestione amministrativa e nel contrasto al Covid, evitando attentamente di pronunciare i nomi di Daniele Leodori (vicepresidente) e Alessio D’Amato (assessore), quelli che hanno mandato avanti la Regione negli ultimi tre anni, soprattutto quando Zingaretti era impegnato h24 a fare il segretario nazionale del Pd. Non farà endorsement a Leodori e D’Amato e questo è indubbiamente un vantaggio per Enrico Gasbarra. Non farà endordsement a Francesco De Angelis per la candidatura alla Camera, spingendo per il ruolo da capolista nel collegio Frosinone-Latina. Zingaretti sorvola, passa oltre, dice di volare alto. In realtà ha difficoltà ad assumere posizioni nette, a schierarsi. Come sul Sin Valle del Sacco, come sulla fermata Tav di Ferentino-Supino. E se ad un certo punto è necessario mollare i fedelissimi, che problema c’è? Chiedere a Mauro Buschini. Perciò Francesco De Angelis non si faccia troppe illusioni: per cercare di evitare l’effetto “paracadutati” dovrà contare soltanto sulle proprie forze. La lezione delle comunali di Frosinone è freschissima: Zingaretti ha suggerito (o imposto?) il cambio di candidatura a sindaco, gettando a mare Mauro Vicano (in campo da più di un anno) e scegliendo Domenico Marzi. Mutando radicalmente la coalizione. Come è andata a finire si è visto, ma dal ballottaggio in poi Nicola Zingaretti è sostanzialmente scomparso. Andrà al Senato, dopo quattordici anni amministrativi di alto livello: prima presidente della Provincia di Roma, poi Governatore del Lazio (due volte). Ci sarà tempo per i bilanci. Intanto però quello che emerge in maniera evidente è il suo silenzio politico. Non una sola parola su due capisaldi (pensava lui) che invece hanno affossato il Pd. Il primo è l’asse d’acciaio con i Cinque Stelle, pensando che Giuseppe Conte fosse Winston Churchill. Il secondo è quel Campo largo che ha fatto franare sul nascere le ambizioni del Partito Democratico in questa campagna elettorale. Schiacciandolo a sinistra e regalando a Carlo Calenda e Matteo Renzi la prateria del Terzo Polo. Enrico Letta non ha avuto il coraggio e la visione di cambiare “verso”, ma il marchio di fabbrica di queste operazioni sono del suo predecessore al Nazareno, sono di Nicola Zingaretti.

IL NERVOSISMO DI FORZA ITALIA E LEGA

La “sparata” di Silvio Berlusconi sulle dimissioni consigliate al Capo dello Stato Sergio Mattarella nel caso venisse approvato il presidenzialismo tradiscono il nervosismo del fondatore di Forza Italia. Gli “azzurri”, ma anche la galassia centrista (Cesa, Brugnaro, Toti, Lupi) hanno fiutato il pericolo rappresentato dal Terzo Polo a guida Calenda, che vede in regia anche Renzi. Stesso discorso per la Lega, specialmente nelle regioni del centrosud. In questi anni Matteo Salvini ha spesso corretto la rotta avvicinandosi al centro e adesso rischia di rimanere scoperto. Su vari organi di stampa si evidenzia come il leader della Lega tema il profilo di “gregario” considerando il distacco che lo separa da Giorgia Meloni nei sondaggi. Ma non sarebbe preferibile concentrarsi sulla campagna elettorale e sulla coalizione? Anche perché dopo il 25 settembre ci saranno subito altri appuntamenti: per esempio le regionali del Lazio. Il Terzo Polo può creare problemi a Lega e Forza Italia nel proporzionale, specialmente in alcuni collegi, come quello del Basso Lazio alla Camera. Oppure al Senato. Ma attenzione però: in provincia di Frosinone ad Azione si sono avvicinati esponenti in rotta con il Pd: da Massimiliano Quadrini ad Alessandra Sardellitti. In Italia Viva al vertice ci sono Germano Caperna e Valetina Calcagni, anche loro usciti dal Partito Democratico. Come del resto Giuseppe Golini Petrarcone. Significa che in tutti questi anni i malumori nei Democrat si sono moltiplicati, anche a causa di atteggiamenti e comportamenti che veramente hanno stupito: per esempio il modo con il quale è stato “scaricato” Mauro Vicano. La campagna elettorale rappresenterà una cartina da tornasole interessante per capire le evoluzioni dei flussi elettorali nazionali ma pure locali. Certamente Forza Italia e Lega, per tenere al “centro”, dovranno dimostrare di avere dei programmi all’altezza. Però attenzione a non perdere di vista la coalizione di centrodestra, che è l’elemento più importante per vincere e soprattutto per governare dopo. Niente crisi di nervi quindi.

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